La biodiversità equina e il progetto Equinbio PSRN 2017-2019

L’importanza delle razze equine locali, ambasciatrici dei vari territori e della diversità genetica espressa nelle aree del Paese, soprattutto in quelle marginali.

Con la fine del PSRN–Biodiversità (2017-2019) è stata messa in atto la prima obiettiva valutazione delle razze equine ed asinine appartenenti al Registro Anagrafico. Questo ha consentito di valutare gli aspetti fenotipici (caratteri misurabili e mantelli) per verificare la corrispondenza con lo standard di razza e di approntare una prima indagine molecolare per riconoscere potenziali diversità.  

Come più volte ricordato, quando si parla di razze equine e asinine del Registro Anagrafico è opportuno evidenziare:

  • la ridotta numerosità delle popolazioni;
  • la mancanza di genealogie accertate;
  • standard di riferimento fenotipici simili se non addirittura sovrapponibili;
  • misurazioni del fenotipo non sempre accurate e/o ascrivibili a caratteri difficilmente quantificabili.

Tutto ciò è anche dovuto al fatto che, notoriamente, queste razze sono state, nel corso degli anni, più volte soggette ad accorpamenti e successive divisioni. A parziale giustificazione, va sottolineato che la differenza fondamentale tra le razze risiede nell’identità storico-culturale, come sempre succede quando si parla di cavalli.

Grazie al progetto PSRN-Biodiversità e agli strumenti genomici utilizzati, la caratterizzazione genetica sta assumendo un ruolo fondamentale nell’identificare:

  • reali biodiversità da salvaguardare e valorizzare;
  • realtà discutibili per originalità e origine;
  • evoluzione, importanza e contaminazioni fra popolazioni autoctone.
PSRN-Biodiversità (2017-2019) ha confermato e consolidato l’importanza delle razze equine locali, vere e proprie ambasciatrici dei vari territori dell’Italia e simboli della diversità genetica espressa nelle aree del Paese, soprattutto in quelle marginali. In un ideale “viaggio” da Sud a Nord, risalendo la Penisola, si evidenzia che le razze equine della biodiversità nazionale hanno una notevole importanza non solo dal punto di vista zootecnico e genetico, ma anche culturale ed economico-sociale.

Si può iniziare, circoscrivendo all’area del Mediterraneo, limitandosi alle razze presenti nelle due isole maggiori, Sardegna e Sicilia, che hanno entrambe una tradizione antichissima legata all’allevamento equino. Mai come per l’area mediterranea l’intersecarsi di vicende storiche, relazioni, sovrapposizioni di culture e stili di vita nel rapporto tra uomini e cavalli costituiscono un unicum inimitabile. E giocoforza, parlando di “biodiversità equina mediterranea”, non possono non richiamarsi le caratteristiche specifiche dei territori e degli allevatori che queste varie razze di cavalli (e asini) hanno saputo valorizzare, esaltare e tutelare.

A titolo di esempio, anche solo seguendo l’etimologia di alcune delle razze e popolazioni autoctone equine presenti nell’area mediterranea, si evidenza il legame più che bimillenario tra uomo e cavallo: come scindere infatti la cultura nuragica sarda dal cavallo Sarcidano, o dal Cavallino della Giara, o dall’Asino Sardo e dell’Asinara, o l’inossidabile legame tra gli attuali abitanti della Sardegna con il cavallo Anglo-Arabo Sardo? Stesso discorso per la Sicilia, Isola dalle molteplici “contaminazioni” storiche e culturali ma che conserva cavalli quali il Sanfratellano, o asini come il Pantesco ed il Ragusano, fortemente identificati con i rispettivi territori.

Ma molti altri esempi – oltre a quelli delle due Isole maggiori - si possono citare risalendo lungo la Penisola: dal cavallo Murgese e dall’Asino di Martina Franca, tipici dei territori aspri ma a forte vocazione agricola e, più recentemente, agri-turistica, delle Murge pugliesi; fino ai cavalli della tradizione equestre campana, dalle tenute di Persano fino al Napoletano e al Salernitano (da cui i nomi delle tre razze tipiche della Campania: Persano, Napoletano e Salernitano). La dorsale tirrenica e le paludi dell’Agro Pontino e della Maremma non potrebbero prescindere dalla cultura dei butteri, e dei vari cavalli da lavoro che la rappresentano: il Maremmano, il Tolfetano, il Cavallo Romano della Maremma Laziale.

La valenza del binomio biodiversità-territori non si ferma però solo alle regioni che affacciano sul Mediterraneo: anche le aree interne del nostro Paese hanno sviluppato nei secoli una cultura del cavallo che attualmente ha un ritorno nella riscoperta delle diverse attitudini che vanno dal trekking, alla monta da lavoro, alla valorizzazione di attività in aree marginali. Ma con un unico filo conduttore: l’indiscutibile ed inimitabile bellezza delle numerose razze di equidi che popolano lo Stivale, da Nord a Sud.

E quindi, continuando nel Centro Italia, si trovano cavalli come il molisano Pentro, circoscritto in un territorio aspro e costantemente a contatto con la fauna selvatica, dalla quale gli allevatori sono da centinaia di anni abituati a difendersi nelle loro scorribande predatorie. Stesso destino, nella Ciociaria laziale, nel frusinate, per il Pony di Esperia, salvato dall’estinzione grazie alla passione degli allevatori locali. Risalendo la dorsale appenninica, rilevano il cavallo del Catria e l’Appenninico, che seppur indichino nella loro caratterizzazione genetica un’origine non autoctona ben si sono integrati nei rispettivi territori, che dalle zone collinari umbro-marchigiane arrivano fino alla Romagna.

Il territorio emiliano viene rappresentato anche dal cavallo del Ventasso, e dal ferrarese cavallo del Delta, anch’esso derivato dal ceppo transalpino della Camargue ma integrato nelle zone umide e paludose della foce del Po. Sempre in tema di biodiversità equina, c’è da ricordare che l’appennino tosco-emiliano e ligure vede tradizionalmente la presenza di un’altra razza di pony italiano tipica di queste aree, il Bardigiano. Dalla Toscana, interessante la storia del cavallino di Monterufoli, detto anche Monterufolino, un pony molto versatile e impiegato con successo in varie attività da trekking o diporto nel turismo equestre, oltre che a scopi riabilitativi in persone affette da traumi psicofisici. Toscana, Lazio ed Emilia-Romagna esprimono anche razze asinine tradizionali e molto particolari: dallo storico “Miccio” Amiatino, all’Asino Viterbese ed al Romagnolo, anche quest’ultimo salvato e recuperato grazie al lavoro in sinergia con le Associazioni Allevatoriali del territorio. Per finire, merita un cenno anche la presenza di razze cosmopolite ma che, pur avendo una caratterizzazione sia nel nome che nella ascendenza genetica in un particolare territorio, il Sud Tirolo bolzanino, hanno riscontrato un gran successo tra gli allevatori di tutta Italia, come rappresentato dall’Avelignese, oggi meglio conosciuto col nome di Haflinger Italia.

Il progetto PSRN-Biodiversità (2017-2019) prevede diverse azioni per la salvaguardia della biodiversità equina ed asinina del nostro Paese, la cui importanza è stata già precedentemente illustrata. Prima di tutto, uno degli obiettivi del progetto è quello di verificare lo stato attuale delle razze dal punto di vista della morfologia dei soggetti, partendo dal rilievo di misure biometriche (altezza al garrese, circonferenza toracica, circonferenza dello stinco) su un campione di animali rappresentativo di ogni razza utilizzata, effettuato da esperti valutatori. Dall’analisi di queste informazioni si può dedurre, confrontando le misure con quelle delle attuali norme tecniche, se e come la razza ha, nel corso degli anni, cambiato morfologia e si possono eventualmente modificare, nell’ottica dei risultati ottenuti, i requisiti biometrici minimi e massimi per l’ammissione di questi soggetti al programma genetico, iscrivendo soggetti che altrimenti, con le vecchie norme, non sarebbero stati ammessi e innalzando la variabilità genetica della popolazione. Per i soggetti misurati è stato anche rilevato il tipo di mantello, sempre nell’ottica di definire la situazione nell’attuale popolazione ed eventualmente modificare le norme tecniche per tenere conto delle informazioni rilevate in campo.  Altre azioni importanti del progetto PSRN-Biodiversità (2016-2019)  riguardano la caratterizzazione delle razze dal punto di vista genomico. La genomica è un passaggio importante per quanto riguarda la biodiversità in quanto permette di verificare, a partire dall’analisi del DNA dei soggetti, una serie di parametri che riguardano la popolazione studiata  e che permettono di trarre conclusioni per quanto riguarda ad esempio il grado di parentela fra i soggetti e la diversità genetica nella popolazione. La parentela “genomica” fra i soggetti della popolazione va ad integrare le informazioni provenienti dal pedigree rilevato e conservato nell’ottica del programma genetico di conservazione, fornendo informazioni accurate perché basate sul patrimonio genetico dei soggetti; essa, unita ad altre informazioni sulla diversità genetica nella razza, permetterà di mettere in atto altre azioni per non perdere diversità genetica. Il progetto PSRN– Biodiversità (2016-2019)  inoltre ha messo a  disposizione un tool  informatico che permette a chi è interessato di conoscere la consanguineità di un ipotetico soggetto derivante da un accoppiamento, all’interno delle singole razze, fra un qualsiasi stallone ed una qualsiasi fattrice; questo permette di poter suggerire agli utenti quali accoppiamenti possano dare origine a progenie che  abbia la minore consanguineità possibile per intervenire sulla consanguineità della popolazione. E’ molto importante anche l’azione che riguarda la raccolta di materiale biologico e germoplasma delle razze studiate, che permette di avere una riserva genetica da utilizzare per mantenere la diversità genetica in popolazione. Infine, il progetto prevede la divulgazione capillare dei risultati ottenuti per portare, a livello dei diversi stakeholders, informazioni sulla biodiversità delle razze e promuovere azioni a sua difesa.

Razze equine del Registro Anagrafico

L’analisi statistica dei caratteri biometrici (altezza al garrese, circonferenza del torace e dello stinco) rilevati sul campionamento eseguito ha evidenziato, tendenzialmente, la corrispondenza agli standard di razza riportati nelle Norme Tecniche nella maggioranza delle razze equine a limitata diffusione. Per il cavallino della Giara, il cavallino di Monterufoli e il Sarcidano si sono riscontrati valori, per singoli caratteri che, invece, si discostano dal range ammesso dallo standard. Un ulteriore approfondimento e campionamento potrebbe forse portare ad una revisione dei valori di riferimento.

Le tipologie e i colori del mantello di ogni singola popolazione sono risultati compatibili con gli standard e poche sono le plusvarianti. Ciò è dovuto probabilmente al non corretto uso della nomenclatura oggi riconosciuta a livello internazionale.

Le ipotesi formulate all’inizio del progetto circa la suddivisione delle razze sono state assunte soprattutto sulla base alle referenze bibliografiche, con lo scopo di indagare sull’ origine e l’evoluzione delle razze. Attraverso gli approcci di genomica approntati in questo PSRN, alcune di queste sembrano trovare una validazione anche se solo preliminare.

Di seguito si riportano gli esiti iniziali ottenuti per le diverse popolazioni:

Persano e Salernitano: sono popolazioni più volte accorpate e separate nel corso del tempo. Sembrano presentare e riassumere l’evoluzione dei moderni cavalli da sella originati da relativamente pochi stalloni, prevalentemente di razza Purosangue Inglese. La peculiarità delle due popolazioni potrebbe evincersi da una più raffinata interpretazione delle differenti linee paterne.

Cavallo del Ventasso: questa popolazione con ridotto numero di soggetti presenta, in base alle distanze genetiche, una configurazione assimilabile ai generici cavalli da sella ma con diverse componenti razziali anche linee autoctone nazionali.

Cavallo Romano della Maremma Laziale: è una popolazione con origini comuni al cavallo Maremmano così come emerge dalle preliminari valutazioni genomiche. Rientra probabilmente all’interno del gruppo dei generici cavalli da sella con importanza prevalente della componente autoctona.

Tolfetano: è una popolazione correlata alle classiche razze tirreniche (Maremmano e Cavallo Romano della Maremma Laziale). Se confermato da ulteriori elaborazioni sulla caratterizzazione genomica, potrebbe entrare di diritto nel gruppo dei generici cavalli da sella con prevalente componente autoctona.

Sanfratellano: è una popolazione abbastanza definita ma, come tutti i cavalli “leggeri”, si posiziona nel gruppo dei generici cavalli da sella ma con una propria probabile componente autoctona.  

Napoletano: questa popolazione rappresenta una grande incognita. Storicamente riconosciuto, culturalmente importante ma di piuttosto recente istituzione. La caratterizzazione genetica gli riconosce momentaneamente un’identità dovuta probabilmente all’effetto fondatore.

Cavallo Pentro: è una popolazione che ha subito l’influenza di diverse razze e che manifesta una discreta identità e vicinanza con popolazioni considerate di tipologia pony.

Cavallo del Catria: è una popolazione che ha risentito dell’influenza di diverse razze. La caratterizzazione genetica, momentaneamente, gli riconosce una discreta identità e una posizione intermedia fra la tipologia medio-pesante e medio-piccola.

Cavallo Appenninico: è una popolazione originata anche da linee di soggetti esteri da carne. La caratterizzazione genetica sembra confermare l’origine non autoctona.

Cavallo del Delta: è una popolazione totalmente derivata dal cavallo Camargue. La caratterizzazione genetica evidenzia questa sua origine ben definita. Il mantello grigio è una sua caratteristica.

Cavallino di Monterufoli: è una popolazione omogenea. La caratterizzazione genetica sembra confermare questa sua originalità forse dovuta all’effetto fondatore. Le distanze genetiche lo posizionano all’interno del gruppo tipologia pony.

Pony di Esperia: è una popolazione con possibile differenziazione in due sottopopolazioni per l’uso di stalloni di diversa tipologia. Le distanze genetiche lo posizionano, momentaneamente, nel gruppo di tipologia pony.

Cavallino della Giara: è una popolazione isolana e isolata che manifesta una propria caratterizzazione genetica posizionandosi all’interno del gruppo di tipologia pony.

Cavallo Sarcidano: è una popolazione della Sardegna. La caratterizzazione genetica gli riconosce una discreta identità. E’ momentaneamente posizionato nel gruppo di tipologia pony.

Razze Asinine: la caratterizzazione genetica dell’asino è un evento recente e non ha ancora raggiunto la sua massima potenzialità. Ciò ha portato a non poter differenziare adeguatamente le singole popolazioni asinine. L’analisi statistica dei caratteri biometrici (altezza al garrese, circonferenza toracica e dello stinco) rilevati sul campionamento eseguito ha tendenzialmente evidenziato la rispondenza agli standard di razza riportati nelle Norme Tecniche nella maggioranza delle razze asinine a limitata diffusione. Per l’asino dell’Asinara e l’asino Sardo si sono riscontrati, invece, valori per singoli caratteri che si discostano dal range ammesso dallo standard. Un ulteriore approfondimento e campionamento potrebbe forse portare ad una revisione dei valori di riferimento. Le tipologie e i colori del mantello di ogni singola popolazione sono risultati compatibili con gli standard e poche sono le plusvarianti probabilmente dovute al non appropriato uso della nomenclatura.

Asino di Martina Franca: è una razza ben definita fenotipicamente soprattutto nei caratteri morfologici (maggior taglia fra gli asini da Registro Anagrafico) ma non trova, momentaneamente, per i limiti sopra riportati, una caratterizzazione genetica appropriata.

Asino Romagnolo: è una delle razze di più recente istituzione e con la maggior variabilità sia della morfologia che del mantello. La caratterizzazione genetica, momentaneamente, non offre appropriate considerazioni.

Asino Ragusano: è una razza isolana con caratteristiche proprie momentaneamente non evidenziate dalla caratterizzazione genetica.

Asino Pantesco: è una razza con limitato numero di individui; era conosciuto come il purosangue degli asini, particolarmente apprezzato per l’andatura veloce. La caratterizzazione genetica, ribaditi i limiti sopra esposti, sembra suggerire un eventuale effetto fondatore.

Asino dell’ Amiata: è una razza caratterizzata da un mantello tipico e poco variabile. La caratterizzazione genetica, come più volte riportato, non può fornire informazioni utili.

Asino Viterbese: è una popolazione con mantello caratteristico; è l’unico asino italiano a mantello geneticamente grigio. La sua caratterizzazione genetica non è attendibile.

Asino Sardo: è una popolazione della Sardegna caratterizzata da taglia piccola (inferiore a 110 cm) e mantello con riga mulina. La sua caratterizzazione genetica se pur poco informativa ipotizza una propria identità.

Asino dell’Asinara: è una popolazione isolata caratterizzata da piccola taglia (inferiore a 110 cm) e mantello bianco. La sua caratterizzazione genetica poco informativa ipotizza una propria identità.

È auspicabile che le ulteriori genotipizzazioni delle razze del Registro Anagrafico e le successive analisi genomiche che verranno effettuate con il nuovo PSRN possano aiutare a valorizzare l’identità delle razze stesse attraverso una precisa caratterizzazione inserita nel contesto italiano e internazionale (usando anche dati provenienti da banche dati internazionali). Non solo: le moderne tecnologie potranno fornire un aiuto al sistema allevatoriale individuando peculiarità e supportando gli obiettivi di selezione che si andranno definendo sulla scorta delle concrete informazioni sull’architettura genomica dei caratteri di interesse. Tutte queste informazioni dovranno integrarsi con le tradizionali valutazioni morfologiche al fine di approntare una migliore gestione delle popolazioni e, in ultima analisi, degli animali stessi.

Ad oggi, la legittimazione delle popolazioni del Registro Anagrafico è dovuta prevalentemente alla storica presenza dei cavalli e degli asini in determinati e limitati ecosistemi o desunta da documenti storici, talvolta, di difficile interpretazione. A fine progetto, la genomica ci fornisce nuove informazioni che consentono di rettificare, in alcuni casi, quanto in precedenza assunto. La prosecuzione del progetto PSRN dovrebbe portare, infatti, a rimarcare l’importanza di alcune popolazioni non solo come biodiversità ma anche come prospettive future mentre, per altre, a riconoscere i limiti della loro legittimazione.